A cento anni dalla storica Conferenza ecumenica di Stoccolma del 1925 e a 1700 anni dal Concilio di Nicea, la capitale svedese è tornata ad essere, dal 18 al 24 agosto 2025, crocevia di preghiera, dialogo e riflessione per cristiani di diverse confessioni. L'occasione è stata la Settimana Ecumenica 2025, che ha visto convergere leader e delegati da tutto il mondo, in un anniversario che lega due momenti-chiave della storia del cristianesimo: il primo grande concilio della Chiesa indivisa e il primo incontro internazionale promosso dal movimento ecumenico moderno.
Il Santo Padre Leone XIV ha inviato ai partecipanti un messaggio denso di memoria storica e di slancio profetico, tracciando una linea di continuità tra la fede professata a Nicea, la testimonianza di servizio promossa da Nathan Söderblom un secolo fa e il cammino ecumenico che la Chiesa cattolica ha abbracciato in modo convinto dal Concilio Vaticano II.
Dalla fede di Nicea all'audacia del dialogo
Nel suo messaggio, il Pontefice ha richiamato innanzitutto la centralità del Concilio di Nicea del 325, dove i vescovi, radunati da ogni parte del mondo allora conosciuto, professarono con chiarezza la divinità di Cristo. Quelle formule di fede – «Dio vero da Dio vero», «consustanziale al Padre» – hanno mantenuto nei secoli una forza unificante, ancora oggi condivisa da tutte le principali tradizioni cristiane. «Quel Concilio – scrive Leone XIV – fu un segno coraggioso di unità nella differenza, una prima testimonianza della convinzione che la confessione comune può superare la divisione e promuovere la comunione».
Settecento anni più tardi, in un contesto ben diverso, fu l'arcivescovo luterano di Uppsala, Nathan Söderblom, a gettare semi di ecumenismo moderno. Convocando nel 1925 oltre 600 delegati ortodossi, anglicani e protestanti, diede vita alla Conferenza cristiana universale sulla vita e il lavoro, con l'intento di unire le Chiese non tanto sulle sottigliezze dottrinali quanto sull'impegno concreto per la giustizia, la pace e la dignità della persona. Il motto che lo guidava era semplice e rivoluzionario: «Il servizio unisce».
«Ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide»
Leone XIV non ha mancato di sottolineare la svolta rappresentata, per la Chiesa cattolica, dal Concilio Vaticano II. Attraverso il decreto Unitatis redintegratio, i cattolici sono stati chiamati a un dialogo «in umile e amorevole fraternità», fondato sul battesimo comune e sulla missione condivisa nel mondo.
Da allora, il cammino è stato segnato da tappe importanti: la visita di San Giovanni Paolo II in Svezia nel 1989, accolto dall'arcivescovo Bertil Werkström nella cattedrale di Uppsala; la commemorazione congiunta della Riforma a Lund nel 2016, quando Papa Francesco pregò insieme ai leader luterani in uno spirito di pentimento e speranza. «Da quel momento – ricorda Leone XIV – abbiamo confermato il nostro cammino condiviso dal conflitto alla comunione».
Se nel 1925 la Chiesa cattolica non era presente a Stoccolma, oggi, nel 2025, il Papa può affermare con «umiltà e gioia» che i cattolici camminano fianco a fianco con gli altri cristiani come «compagni discepoli di Cristo».
Un tema profetico: «Tempo per la pace di Dio»
Il filo conduttore scelto per la Settimana Ecumenica – «Tempo per la pace di Dio» – si colloca al cuore del messaggio pontificio. In un mondo segnato da guerre, disuguaglianze, degrado ambientale e crescente frammentazione spirituale, la pace non è soltanto frutto di strategie politiche o di compromessi diplomatici. È anzitutto dono divino, presenza di Cristo risorto in mezzo al suo popolo.
Per Leone XIV, questo dono comporta una responsabilità: i cristiani sono chiamati ad essere artigiani di riconciliazione, capaci di affrontare la divisione con coraggio, l'indifferenza con compassione e le ferite con gesti concreti di guarigione. È questa la sfida dell'ecumenismo oggi: non soltanto superare le differenze teologiche, ma vivere insieme la missione evangelica in un mondo ferito.
Una testimonianza comune per il futuro
Il Papa ha espresso la sua gioia per la presenza della delegazione cattolica a Stoccolma, quale segno tangibile della volontà di continuare il lavoro comune «per la pace, la giustizia e il bene di tutti». L'invito è chiaro: rafforzare il dialogo teologico, condividere momenti di preghiera e offrire insieme al mondo una testimonianza credibile di speranza.
In questo senso, Leone XIV si inserisce nella scia dei suoi predecessori. Giovanni Paolo II, nella Ut unum sint, aveva ribadito che l'impegno ecumenico «non è un'appendice dell'attività della Chiesa, ma parte integrante della sua vita». Benedetto XVI lo ha definito «una priorità della sua missione». Papa Francesco lo ha declinato come «cammino spirituale», fatto di incontro, ascolto e fraternità. Ora Leone XIV riprende il testimone e lo rilancia con accenti legati al nostro tempo: la pace, la riconciliazione, la custodia del creato.
Lo Spirito che guida
Il messaggio si conclude con una preghiera: «Possa lo Spirito Santo, che ha ispirato il Concilio di Nicea e che continua a guidare tutti noi, rendere questa settimana la vostra amicizia più profonda e risvegliare nuova speranza per l'unità che il Signore desidera così ardentemente tra i suoi seguaci».
Parole che non suonano come semplice augurio, ma come invocazione fiduciosa. Lo Spirito che ha custodito la fede dei Padri conciliari e che ha guidato i pionieri dell'ecumenismo nel XX secolo continua ad agire oggi, invitando le Chiese a rinnovare il loro impegno.
Un anniversario che diventa profezia
La Settimana Ecumenica 2025 non si limita dunque a guardare al passato. Essa diventa occasione per rilanciare un nuovo respiro dell'ecumenismo, in un secolo segnato da sfide globali che nessuna comunità cristiana può affrontare da sola.
Il centenario della Conferenza del 1925 e il 1700° di Nicea si incontrano simbolicamente a Stoccolma: da una parte, la professione di fede che unisce i cristiani da quasi due millenni; dall'altra, l'audace intuizione che la collaborazione nel servizio e nella testimonianza può aprire cammini insperati di unità.
Leone XIV, con il suo messaggio, invita a non lasciar cadere questa occasione: «Ciò che ci unisce è molto più grande di ciò che ci divide». È questo lo spirito con cui i cristiani sono chiamati a entrare nel «tempo della pace di Dio», testimoniando insieme al mondo che l'unità non è utopia, ma dono da accogliere e compito da costruire.
Marco Baratto
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