Le ultime dichiarazioni di Papa Leone XIV hanno provocato un terremoto negli Stati Uniti. Non tanto perché abbiano rivelato qualcosa di nuovo, ma perché hanno osato dire a voce alta ciò che troppi vescovi e politici preferiscono nascondere: la fede cattolica non può essere ridotta a un'arma ideologica, né usata come paravento per giustificare guerra, pena di morte e politiche disumane.
Il Pontefice ha denunciato il linguaggio aggressivo del nuovo segretario alla Difesa Pete Hegseth, che a Quantico ha invitato i generali americani a "prepararsi alla guerra e vincerla" celebrando la decisione di Trump di ribattezzare il Dipartimento della Difesa come "Dipartimento della Guerra". Leone XIV non si è piegato al coro nazionalista: «Questo vocabolario è pericoloso», ha detto, «mostra uno stile di governo che vuole impressionare con la forza. Speriamo che funzioni senza arrivare alla guerra».
Parole che bastano a farlo odiare da chi vive di paura e militarismo.
Ma il colpo più duro il Papa lo ha inflitto agli ipocriti che brandiscono il termine "pro-life" come clava politica. Con chiarezza disarmante ha ricordato: «Chi dice di essere contro l'aborto ma è favorevole alla pena di morte o al trattamento disumano dei migranti non è veramente pro-vita». Un messaggio scomodo per quell'ala del cattolicesimo americano che si è inginocchiata davanti all'agenda MAGA, sacrificando il Vangelo sull'altare dell'ideologia.
La reazione non si è fatta attendere. Sui social, vescovi come Joseph Strickland hanno accusato Leone XIV di ambiguità, arrivando persino a invocare "chiarezza" contro il Papa stesso. Un atto grave, che mostra fino a che punto una parte della Chiesa americana abbia perso il senso della comunione, preferendo obbedire a Trump piuttosto che al Successore di Pietro.
Fortunatamente, voci più lucide come quella del cardinale Cupich hanno ricordato che le divisioni interne stanno distruggendo la testimonianza cattolica negli Stati Uniti. La verità, però, è che Leone XIV paga il prezzo di una Chiesa colonizzata dalla politica. In un Paese dove i cattolici si sono lasciati trascinare nella polarizzazione estrema, nessun leader politico incarna davvero la dottrina sociale cattolica. Eppure, invece di riconoscerlo, molti preferiscono chiudersi negli slogan e lanciare anatemi.
Il problema non è Leone XIV. Il problema è un cattolicesimo americano che si è arreso ai calcoli elettorali, che preferisce il rumore dei comizi al silenzio della coscienza. Un cattolicesimo che ha smesso di leggere il Vangelo per leggere i programmi del Project 2025 e dei MAGA.
Oggi il vero pericolo per la Chiesa negli Stati Uniti non è più Donald Trump, ma J.D. Vance, il suo delfino: un politico che sogna di trasformare il cattolicesimo in una bandiera identitaria al servizio di un nazionalismo aggressivo. Leone XIV lo ha capito, e per questo viene attaccato.
In realtà, gli insulti che riceve sono la prova della sua forza. Leone XIV non è il Papa che gli americani fanatici vogliono. È il Papa che gli americani – e non solo loro – hanno bisogno di ascoltare: perché smaschera l'ipocrisia di chi usa la vita come slogan ma resta indifferente davanti alla morte.
Marco Baratto
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