venerdì 12 settembre 2025

Zhangjiakou, nuova diocesi in Cina. Leone XIV: pragmatismo e pazienza per il futuro della Chiesa

La geografia ecclesiastica della Cina cambia volto. Con un decreto firmato lo scorso 8 luglio, Papa Leone XIV ha soppresso le storiche diocesi di Xiwanzi e Xuanhua, erette da Pio XII nel 1946, e ha istituito la nuova Diocesi di Zhangjiakou, suffraganea di Pechino, con sede nella cattedrale cittadina. Una scelta pastorale, certo, ma anche un gesto dal forte valore politico, in linea con la via del dialogo che la Santa Sede porta avanti con la Repubblica Popolare.

La nascita della nuova diocesi

Il territorio della neonata circoscrizione coincide con quello della municipalità di Zhangjiakou, nella provincia dello Hebei: oltre 36 mila chilometri quadrati, più di 4 milioni di abitanti, tra i quali circa 85 mila cattolici assistiti da 89 sacerdoti. Una scelta di "semplificazione" che segue la logica di armonizzare i confini ecclesiastici con quelli civili, soluzione da sempre cara alle autorità di Pechino e capace di dare maggiore coerenza alla vita pastorale.

Un piccolo dettaglio conferma la portata dell'operazione: il quartiere di Yanqing passa sotto l'Arcidiocesi di Pechino, mentre Xilinguolemeng è affidata alla Diocesi di Jining. In questo modo la mappa ecclesiastica si riallinea a quella amministrativa, rafforzando la legittimità della presenza cattolica agli occhi dello Stato.

Il momento simbolico è arrivato mercoledì 10 settembre, con la consacrazione episcopale di mons. Giuseppe Wang Zhengui, primo vescovo della nuova diocesi. Sacerdote esperto, classe 1962, formatosi nel seminario dello Hebei e ordinato nel 1990, Wang ha servito per decenni le comunità locali, conquistandosi la fiducia sia dei fedeli sia delle autorità. La sua nomina, approvata dal Papa nel quadro dell'Accordo Provvisorio tra Santa Sede e Cina, rappresenta un passo concreto di comunione con Roma.

Ogni ordinazione episcopale in Cina è molto più di una celebrazione liturgica: è la prova che il dialogo, per quanto fragile, funziona. Dopo anni di divisioni tra comunità "ufficiali" e "clandestine", la presenza di un vescovo riconosciuto da entrambe le parti segna un punto di incontro non scontato.

Il primo Papa americano porta nel dossier cinese un approccio tipicamente pragmatico. Niente forzature, niente illusioni: la Chiesa in Cina non si difende con proclami, ma con scelte pazienti e realistiche. È questa la logica che guida Leone XIV, consapevole che il futuro del cattolicesimo nel mondo non può prescindere dall'immenso scenario cinese.

Lo stesso criterio ha portato la Santa Sede, anni fa, a ridurre il livello della rappresentanza diplomatica a Taipei, declassata a pro-incaricato d'affari. Non un abbandono di Taiwan, ma un segnale chiaro che la porta verso Pechino resta aperta.


La domanda che circola tra gli osservatori è inevitabile: se un giorno la Santa Sede dovesse stabilire una rappresentanza ufficiale nella Cina continentale, dove la collocherebbe? Hong Kong, troppo esposta e politicamente sensibile, appare una scelta rischiosa. Più plausibile invece Macao, regione amministrativa speciale con una forte tradizione cattolica e una storia di discrezione diplomatica. Una presenza vaticana lì garantirebbe vicinanza senza provocare reazioni eccessive.

Una partita globale

Dietro le scelte di questi mesi c'è la consapevolezza che la Cina non è solo un "caso locale", ma uno snodo decisivo per il cristianesimo del XXI secolo. Un quinto dell'umanità vive lì: ignorare la Cina significherebbe tagliarsi fuori dalla storia. Per Pechino, allo stesso tempo, il Vaticano resta un interlocutore particolare, diverso da ogni altro Stato: privo di interessi economici, ma con una forza simbolica che pesa sulla scena internazionale.

Le sfide restano numerose. Non è scomparsa la frattura tra comunità "ufficiali" e "sotterranee", le limitazioni alla libertà religiosa sono ancora forti, l'Accordo provvisorio viene rinnovato di due anni in due anni senza rivelarne i dettagli. Ma l'erezione della Diocesi di Zhangjiakou e la consacrazione di mons. Wang testimoniano che, con perseveranza e prudenza, si può andare avanti.


La Cina rimane un terreno accidentato per la Chiesa cattolica. Ma il messaggio che arriva da Zhangjiakou è chiaro: la Chiesa non si rassegna a restare ai margini, cerca strade per vivere in comunione con il Papa e allo stesso tempo radicata nella società cinese.

Leone XIV scommette su una strategia silenziosa, lontana dai riflettori ma attenta ai segni concreti. Una diocesi che nasce, un vescovo che viene ordinato, una mappa ecclesiastica che si ricompone: sono tasselli piccoli ma significativi di un mosaico più grande.

Zhangjiakou diventa così non solo una nuova diocesi, ma anche un laboratorio di futuro, dove la Chiesa impara a camminare con realismo, pazienza e speranza.

Marco Baratto

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