Nel fitto intreccio di ricostruzioni, illazioni e "petizioni" mediatiche che negli ultimi mesi hanno alimentato il dibattito intorno al Conclave, arriva finalmente una dichiarazione destinata a segnare un punto fermo. Durante la conferenza stampa sul volo Beirut–Roma, Papa Leone XIV — in un intervento divenuto rapidamente virale — ha affrontato senza esitazioni il tema che più ha infiammato i commentatori: la segretezza del Conclave e le presunte richieste di aprirne i verbali.
Con il suo solito un tono pacato ha troncato quelle frange del mondo dell'informazione che, attraverso articoli e appelli pubblici, hanno sollecitato una maggiore "trasparenza" sulle dinamiche interne del processo elettivo. Una richiesta che, però, entra in contraddizione con la natura stessa del Conclave, luogo di discernimento spirituale la cui riservatezza non è un accessorio, ma una garanzia.
Il Santo Padre con garbo ha mostrato una certa amarezza e senza citarli direttamente verso chi continua a insistire sulla pubblicazione di verbali che, nella prassi secolare della Chiesa, non sono destinati a vedere la luce. Ed una certa irritazione verso chi ha rilasciato interviste.
Un monito arriva anche sul piano formale: gli atti ufficiali relativi ai processi istituzionali sono già stati pubblicati negli Acta Apostolicae Sedis, la gazzetta ufficiale della Santa Sede. - Gli atti ivi pubblicati sono atti ufficiali ed è ad essi che ci si deve riferire.
Leone XIV ha intrecciato racconti personali e riflessioni spirituali, restituendo un ritratto umano che contrasta con l'immagine spesso costruita dall'esterno. Ha ricordato, ad esempio, l'incontro casuale con una giornalista tedesca che, alla vigilia della sua elezione, gli chiese se si sentisse candidato al soglio di Pietro. La sua risposta fu semplice, quasi disarmante: «Tutto è nelle mani di Dio». Una frase che oggi assume il valore di un manifesto: la Chiesa non si muove secondo i meccanismi della politica, né secondo le logiche del giornalismo predittivo.
Quando poi un'altra giornalista gli ha chiesto quale libro potesse aiutare a comprendere la sua personalità, il Papa ha citato La pratica della presenza di Dio, opera di Fratel Lawrence, un testo piccolo, essenziale, impregnato di spiritualità quotidiana. Un riferimento che aiuta a leggere tra le righe l'indirizzo pastorale del suo pontificato: meno analisi psicologiche, più profondità interiore.
Le contrapposizioni artificiali tra papi, le presunte tensioni interne, le letture dietrologiche del governo ecclesiale: tutto ciò, indebolisce non solo l'istituzione del Papa ma la stessa qualità dell'informazione.
L'intervento di Leone XIV, infatti, non si limita a difendere la sacralità del Conclave. È anche una riflessione — lucida e inaspettata — sul ruolo dei media contemporanei. Sottolinea il confine spesso labile tra il diritto di informare e la tentazione di costruire una narrazione sensazionalistica. Non è una critica alla stampa in quanto tale, ma un invito a una lettura più responsabile delle dinamiche ecclesiali, troppo spesso interpretate con categorie politiche o inquisitorie.
Oggi, in un clima pubblico dove ogni vuoto informativo viene colmato da ipotesi, gossip e ricostruzioni, queste parole risuonano come un appello alla sobrietà. La segretezza del Conclave non è un mistero da violare, bensì una protezione. Gli atti ufficiali non sono "retroscena mancanti", ma la fonte legittima cui far riferimento. Il resto è rumore di fondo.
Con questa conferenza stampa, il Pontefice ha voluto mettere un punto definitivo. «La parola fine è stata posta», sembra dire. Un invito, diretto e inequivocabile, a lasciare da parte insinuazioni e fantasie narrative, e a tornare a ciò che dovrebbe essere il fondamento di ogni informazione: i fatti, le fonti, la verità documentata pubblicata sugli Acta Apostolicae Sedis
Che il mondo dei media saprà cogliere il messaggio, è ciò che resta da vedere. Ma un fatto è certo: il Papa ha parlato. E questa volta, più che mai, non si presta a interpretazioni.
Marco Baratto
Nessun commento:
Posta un commento