lunedì 3 novembre 2025

Un Omaggio di Speranza: Papa Leone XIV ricorda Papa Francesco nella Messa in suffragio dei Cardinali e Vescovi defunti


Basilica di San Pietro, 3 novembre 2025.
In un clima di profonda commozione e di intensa preghiera, Papa Leone XIV ha presieduto nella Basilica Vaticana la tradizionale Messa in suffragio del defunto Romano Pontefice Francesco e dei Cardinali e Vescovi scomparsi nel corso dell'anno. È stata la sua prima celebrazione di questo genere da quando, pochi mesi fa, ha raccolto l'eredità spirituale del suo predecessore.

Fin dalle prime parole, l'omelia ha assunto il tono di un omaggio filiale e riconoscente a Papa Francesco, presentato non solo come predecessore, ma come testimone vivo della speranza cristiana, il cui ultimo atto terreno – l'apertura della Porta Santa e la Benedizione pasquale impartita "a Roma e al mondo" – è divenuto segno profetico e simbolo del suo pontificato.

"Con grande affetto – ha detto Papa Leone – offriamo questa Eucaristia per l'anima eletta di Papa Francesco, che è deceduto dopo aver aperto la Porta Santa e impartito a Roma e al mondo la Benedizione pasquale."

Già in questa frase, il giovane Pontefice delinea con semplicità e profondità teologica il senso della celebrazione: non solo il ricordo, ma la continuità della speranza. L'evento liturgico non è commemorazione malinconica, ma professione di fede pasquale, centrata sulla vittoria di Cristo sulla morte.


Emmaus e la speranza cristiana: un ponte tra due pontificati

Il cuore dell'omelia è la meditazione sul Vangelo dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), icona che Leone XIV interpreta come chiave dell'intero Anno Santo e come immagine del "pellegrinaggio della speranza".
Questo riferimento evangelico diventa anche un sottile ritratto di Papa Francesco: come Cristo che si fa compagno dei discepoli smarriti, egli ha camminato accanto al popolo di Dio, ascoltandone le delusioni, consolandone le ferite, riaccendendo la speranza nel cuore della Chiesa e del mondo.

Leone XIV sottolinea che il punto di partenza è sempre la morte – "nella sua forma peggiore" – ma che la resurrezione di Cristo la trasfigura radicalmente. E in questo movimento di morte e vita, di buio e luce, il Papa emerito Francesco appare come segno e testimone di tale passaggio, uomo che ha saputo portare sulla propria carne la compassione di Cristo per i "piccoli" e i sofferenti.

L'omelia cita con forza il tema caro a Francesco: la misericordia come nome di Dio. Quando Leone XIV afferma che "per questa morte non possiamo dire 'laudato si'', perché Dio Padre non la vuole", e subito dopo aggiunge che solo il Cristo può trasformarla, sembra rispondere all'intuizione del suo predecessore, che nel Cantico delle creature e nella sua enciclica Laudato si' aveva unito il canto della creazione e la compassione per l'uomo ferito.

Lì dove Francesco aveva celebrato la bellezza e la fraternità universale, Leone XIV ne coglie il compimento teologico: la morte stessa può essere lodata, ma solo perché è stata redenta dall'amore del Crocifisso risorto. È un dialogo tra due pontificati: la misericordia e la speranza si abbracciano.


"Una speranza nuova, pasquale"

L'omelia prosegue con un forte accento catechetico, quasi una mini-teologia della speranza cristiana. Leone XIV distingue la speranza pasquale da ogni forma di ottimismo umano o filosofia morale. Essa nasce, dice, "non dalla sapienza dei filosofi né dalla giustizia che deriva dalla legge, ma solo e totalmente dal fatto che il Crocifisso è risorto".

È questo, implicitamente, il lascito più profondo di Papa Francesco: aver ricordato a una Chiesa spesso tentata dal realismo senza fede che la vera speranza non è un sentimento, ma una persona – il Cristo risorto.
Nel citare san Paolo ("Lui solo ha parole di vita eterna"), Leone XIV si rivolge idealmente anche a quel popolo che ha amato Francesco per la sua umanità e la sua fede limpida.

In un momento particolarmente toccante, il Pontefice afferma:

"Quando Gesù prende il pane tra le sue mani che erano state inchiodate alla croce, pronuncia la benedizione, lo spezza e lo offre, gli occhi dei discepoli si aprono, nei loro cuori sboccia la fede e, con la fede, una speranza nuova."

Quelle mani trafitte diventano immagine delle mani di Francesco: mani che hanno benedetto, accolto, abbracciato; mani che hanno aperto porte e carezzato ferite. Così l'omelia trasfigura la figura del Papa defunto in icona della fede che spezza il pane della Parola e riaccende la speranza nel mondo.


"Laudato si' per sora nostra morte corporale"

Il momento più intenso dell'omelia è forse quello in cui Leone XIV cita il Cantico delle creature. Con tono quasi poetico, egli afferma che l'amore di Cristo "ha trasfigurato la morte: da nemica l'ha fatta sorella, l'ha ammansita".
Queste parole, poste nel cuore della liturgia dei defunti, risuonano come il canto funebre e pasquale di tutta la Chiesa per Papa Francesco.

Il Pontefice non viene ricordato soltanto per le sue opere o per le sue riforme, ma per il suo modo di morire, come un credente che consegna la vita dopo aver compiuto la missione affidatagli.
Morire dopo aver aperto la Porta Santa – gesto di speranza e di misericordia – diventa, nella lettura teologica di Leone XIV, un segno profetico: Francesco ha aperto non solo una porta di pietra, ma quella del cielo.

"Anche la morte più tragica non può impedire al nostro Signore di accogliere tra le sue braccia la nostra anima."

Questa frase, pronunciata con voce ferma e paterna, è parsa a molti dei presenti un ultimo "grazie" rivolto a Francesco: grazie per averci insegnato a non avere paura della morte, ma a riconoscerla come passaggio verso la gioia del Risorto.


Il pastore che ha indotto molti alla giustizia

Nell'ultima parte dell'omelia, Leone XIV allarga lo sguardo anche ai Cardinali e ai Vescovi defunti, ma il riferimento a Papa Francesco rimane centrale. Egli richiama il Libro di Daniele: "I saggi risplenderanno come stelle nel cielo, e coloro che avranno indotto molti alla giustizia brilleranno per sempre".
L'immagine delle stelle è la conclusione perfetta di un discorso intriso di luce e di speranza.

"Possano le loro anime essere lavate da ogni macchia – ha detto il Papa – ed essi risplendere come stelle nel cielo."

Ma tra quelle stelle, una sembra brillare in modo particolare: quella di Papa Francesco, il "pastore che profumava di pecora", il Pontefice che ha voluto una Chiesa povera per i poveri, che ha predicato la gioia del Vangelo, che ha abbracciato l'umanità ferita con la misericordia del Padre.


Marco Baratto

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