Nel solco dei pontificati più recenti Papa Leone XIV sta introducendo uno stile comunicativo che sorprende e, in modo sottile ma deciso, modifica dinamiche consolidate. I nuovi punti stampa senza portavoce inaugurati dopo i suoi momenti di riposo a Palazzo Barberini rappresentano una piccola rivoluzione: il Papa che dialoga direttamente con i giornalisti senza filtri e senza mediazioni, scegliendo la trasparenza come cifra del suo pontificato e come risposta al bisogno di autenticità che oggi attraversa la Chiesa e il mondo dell'informazione.
Durante uno di questi incontri Papa Leone si è soffermato sulla visita alla Moschea Blu di Istanbul, un episodio che aveva alimentato interpretazioni e supposizioni mediatiche. Alla domanda sul perché non avesse pregato "visibilmente", come avevano fatto alcuni dei suoi predecessori, il Pontefice ha risposto con semplicità ma anche con fermezza: «Ma chi ha detto che non ho pregato? Hanno detto che non ho pregato, ma io ho già risposto sull'aereo: può darsi che stia pregando anche in questo momento». Una frase che restituisce alla preghiera la sua dimensione più vera, quella dell'intimità, della discrezione, del dialogo interiore che non ha bisogno di gesti teatrali o di sguardi pubblici per essere autentico.
Il Papa ha definito "curioso" che si sia voluto leggere un'intenzione nella sua sobrietà e che si sia preteso di valutare la sua preghiera sulla base di ciò che non è apparso. È proprio questa tendenza a sovraccaricare ogni gesto di significati mediatici che questi nuovi punti stampa vogliono disinnescare, permettendo al Papa di chiarire direttamente, senza che le interpretazioni si trasformino in narrazioni improprie.
La visita alla Moschea Blu, vissuta "in spirito di raccoglimento e ascolto", acquista così un valore ancora più profondo. Papa Leone XIV ha ricordato che la preghiera non può essere un atto compiuto per conformarsi a ciò che altri hanno fatto prima o, peggio, per soddisfare le telecamere. Questo non sarebbe né preghiera né rispetto, e trasformerebbe un luogo sacro in una scenografia. Il Santo Padre, invece, ha rifiutato ogni forma di passerella mediatica, ribadendo con il suo comportamento che i luoghi di culto non sono palcoscenici ma spazi di silenzio, di presenza e di ascolto.
Richiamando implicitamente la spiritualità de La pratica della presenza di Dio ed in modo indiretto la visione di San Josemaría Escrivá sulla santificazione del lavoro quotidiano, il Papa ha ricordato che la preghiera può accompagnare ogni gesto e ogni attività, rendendo sacro ciò che si vive nella normalità e non solo ciò che si compie in modo visibile.
Ogni professione, ogni responsabilità, ogni compito può diventare un luogo d'incontro con Dio se vissuto con dedizione, amore e rettitudine. È una prospettiva che illumina anche il silenzio rispettoso del Papa in Moschea: pregare non significa essere visti, ma essere presenti a Dio.
In questo orizzonte risuona con forza anche il richiamo evangelico: «Quando preghi, entra nella tua cameretta e chiudi la porta». È una parola che appare quasi controcorrente nella nostra epoca, dominata dalla visibilità e dalla necessità di mostrarsi, ma che esprime con chiarezza il cuore del messaggio cristiano: la verità non ha bisogno di spettacolo.
Così, con la calma e la sobrietà che lo contraddistinguono, Papa Leone XIV sta definendo un nuovo modo di comunicare. Parla ai giornalisti con franchezza ma non lascia che la sua preghiera diventi un atto pubblico destinato alle telecamere. Ricorda a tutti che il sacro non si esibisce e che l'essenziale spesso accade nel silenzio.
In questo silenzio che parla, il suo pontificato sta già lasciando un'impronta precisa: meno immagine e più sostanza, meno rappresentazione e più verità. Un messaggio potente, in un tempo che ha bisogno di autenticità più di ogni altra cosa.
Marco Baratto