venerdì 12 dicembre 2025

Il silenzio che dialoga: la strategia rivoluzionaria di Papa Leone XIV nel rapporto con l’Islam e con i media


Papa Leone XIV, nei suoi primi mesi di pontificato, sta sviluppando un modello comunicativo e relazionale che rompe schemi consolidati e inaugura un modo nuovo di vivere la presenza pubblica del Successore di Pietro. Il testo da cui muoviamo – che intreccia un suo discorso ufficiale con riflessioni sulla recente visita alla Moschea Blu e sui punti stampa senza portavoce – permette di riconoscere la cifra profonda di questo stile: autenticità, sobrietà, rifiuto dell'esibizione, centralità della preghiera come atto interiore e non performativo, e una nuova visione del dialogo con l'Islam che richiama, per analogia spirituale, l'esperienza di San Francesco davanti al sultano Malik al-Kamil.

1. Una comunicazione che disinnesca la dinamica mediatica del gesto

La novità più evidente introdotta da Papa Leone XIV è il dialogo diretto con i giornalisti attraverso punti stampa privi di portavoce. È un cambiamento tutt'altro che secondario: elimina filtri interpretativi, riduce il rischio di narrazioni alterate e mostra un Pontefice che si assume la responsabilità diretta della propria comunicazione.

La decisione, lungi dall'essere un mero espediente mediatico, risponde all'esigenza – fortemente avvertita oggi – di autenticità. In un'epoca in cui la credibilità delle istituzioni passa dalla trasparenza, Leone XIV sceglie di "metterci la faccia" non per costruire un'immagine, ma per sottrarsi alla logica dell'immagine stessa. È un paradosso solo apparente: più il Papa rinuncia alla spettacolarizzazione, più diventa credibile.

2. La preghiera come atto intimo: la risposta alla Moschea Blu

È in questo contesto che si comprende la sua risposta alla domanda sulla preghiera "non visibile" nella Moschea Blu. L'episodio offre un paradigma del suo stile spirituale e comunicativo.

La frase – «Chi ha detto che non ho pregato? Può darsi che stia pregando anche in questo momento» – restituisce alla preghiera la dimensione originaria del cristianesimo: il dialogo con Dio che non necessita di testimoni, luci, pose o attestazioni pubbliche. Leone XIV rimette al centro l'insegnamento evangelico: «Quando preghi, entra nella tua cameretta».

Questa posizione rappresenta una critica implicita, ma decisa, all'idea della "preghiera pubblica" come gesto simbolico indispensabile per il dialogo interreligioso. Il Papa non nega il valore dei gesti, ma denuncia il rischio di trasformarli in messinscena. Pregare davanti alle telecamere per dimostrare che si sta pregando significa già tradire la logica della preghiera.

3. Dialogo con l'Islam: identità come forma autentica di rispetto

Qui si innesta il tema più profondo della sua visione: il rapporto con l'Islam.

Alcuni critici – in particolare negli Stati Uniti – leggono la sua sobrietà come un avvicinamento "troppo morbido" verso il mondo musulmano. In realtà, il suo stile ricalca un modello antico e insieme nuovo: quello di San Francesco davanti al sultano.

Francesco non cercò la scena, non offrì gesti simbolici predefiniti. Si presentò semplicemente come uomo di Dio. Il saio da sufi cristiano – come lo videro i musulmani del tempo – gli aprì le porte non perché imitasse i riti islamici, ma perché mostrava una fede vissuta con radicale autenticità.

Leone XIV sembra muoversi nello stesso solco. Non mima la preghiera islamica, non compie gesti studiati per ricalcare l'agire dei predecessori, non trasforma i luoghi sacri altrui in set fotografici. Offre invece ciò che il mondo islamico, nelle sue forme più autentiche, rispetta da secoli: l'uomo credente, l'uomo che non rinuncia alla propria identità religiosa, che non teme di professare ciò che è, e che si avvicina all'altro da uomo di preghiera, non da stratega della comunicazione.

4. Identità che non divide: la forza dell'essere pienamente sé stessi

Al centro di questa impostazione c'è un'idea forte: il vero dialogo nasce da identità chiare, non da gesti accomodanti. Molte tensioni contemporanee derivano dal fatto che l'Islam, in Occidente, percepisce una società che ha espulso Dio dallo spazio pubblico. In questo contesto, l'uomo di preghiera diventa per l'Islam un interlocutore credibile, non un simbolo dell'"Occidente secolarizzato".

Quando il Papa manifesta la propria identità cattolica senza esibirla, con naturalezza e fermezza, parla un linguaggio comprensibile e rispettato in molte culture musulmane: quello della sincerità religiosa. Non è la "vicinanza all'Islam" che conquista, ma la coerenza.

5. Silence is golden: un pontificato di sostanza, non di rappresentazione

La forza di questa strategia è nel silenzio. Non un silenzio di omissione, ma di profondità: il silenzio della preghiera non esibita, dell'ascolto, del rispetto dei luoghi sacri altrui, del rifiuto delle liturgie mediatiche.

In questo silenzio avviene il dialogo vero, perché il dialogo non nasce dai gesti ripetuti, ma dallo spazio interiore che permette di ascoltare l'altro senza perdere sé stessi.

Papa Leone XIV sembra dire al mondo:
non vi offro immagini, ma sostanza; non vi offro gesti, ma verità; non vi offro consenso, ma autenticità.

Ed è proprio questa autenticità – spirituale, umana, comunicativa – a costituire la grande novità del suo pontificato. Una novità che parla con forza sia all'Occidente secolarizzato sia al mondo islamico, e che potrebbe inaugurare una stagione diversa nel dialogo tra religioni: meno cerimoniale, più reale; meno simbolica, più umana; meno visibile, ma infinitamente più vera.

Marco Baratto

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